Il limite del tempo presente

Ad ogni idea, ogni periodo, ogni spazio temporale ci sono delle fasi, dei limiti, delle cornici, dei «bordi» entro i quali la creazione si muove per aumentare la portata culturale della relativa attività storica. Oltre c’è il «finis terræ», non c’è nulla… Non si trovano appigli che diano sicurezza, c’è l’incertezza per definizione. Cosa si trova oltre? Perché ci deve essere qualcosa oltre? Una volta trovati i limiti dell’oggettività, può esserci qualcosa?

Si, c’è la soggettività, l’individualità, il personale corso delle cose, la visione adattata alle proprie necessità, oppure c’è ancora spazio per una nuova oggettività, adattata alle esigenze, ma «vicina all’oggetto come al soggetto», capace di adattarsi a me, solo a me, nonostante le regole comuni? Forse si. Comunque per esprimere la soggettività (che istantaneamente diventa la “mia” oggettività, in quanto dato scontato, normale procedere delle cose secondo una mia «azione» personale) devo adattarmi a principi che veicolino la mia soggettività e permettano alle altre persone di capirle e conoscerle. Quindi esiste un «metodo», anche ampio e molto svincolato da applicare nelle comunicazioni e nei rapporti sociali.

In questa analisi, si vuole focalizzare un momento storico, perpetratosi nel tempo per molti decenni e declinatosi in molteplici manifestazioni, tutte di grande interesse culturale e storico. Si tratta del modernismo, il momento inarrivabile entro i cui limiti si sono decisi molti aspetti della nostra quotidianità. Un periodo che ha vissuto soprattutto nella fase di declino la reazione nei confronti di quello che era diventato il suo aspetto probabilmente più negativo, l’imposizione dell’oggettività secondo modelli prestabiliti precisi, che non lasciavano più spazio a quello che era già stato motore della sua affermazione. La creazione del limite, la definizione dello spazio d’azione della creatività umana assieme alla fantastica elasticità di declinazioni alla quale essa poteva essere obbligata.

È notevole anche la vicinanza con le forme «nuove» tipiche delle forniture disegnate da Breuer al bauhaus con l’acciaio curvato, simbolo — sia gli oggetti che il materiale — dei tempi moderni, in quanto in quegli anni, tra l’altro si era appena scoperto come lavorarlo e curvarlo (è becessario comunque dire che, per quanto riguarda la chiesa di LeCorbusier, si è già in una fase che supera il funzionalismo e cerca di riproporre forme organiche e zoomorfe all’interno della progettazione architettonica).

Forme che saranno icone delle nuove ricerche dei designer europei, e soprattutto americani (emigrati e non — come Richard Neutra, austriaco o Harry Bertoia, italiano) che avranno libertà e possibilità di ricercare e sviluppare tecniche e tecnologie, per esempio dagli ambiti militari e/o industriali, come Charles & Ray Eames o George Nelson.

Secondo l’etimologia il modernismo è, definisce i «limiti del tempo presente» e ne appartiene, cioè piega ogni manifestazione della capacità e della conoscenza umana entro a termini condivisi da tutti. Le notevoli esperienze artistiche e culturali che hanno sconvolto i decenni precedenti, hanno permesso lo sviluppo di una visione nuova (forse hanno obbligato questo processo) della società ed hanno richiesto la revisione su tutti i campi dello scibile, come dimostrato da molte espressioni artistiche e culturali, come il Futurismo, la Deutsche Werkbund, la Wiener Sezession con il Wiener Werkstätte, la scuola di Amsterdam e poi il DeStijl, l’International Style con Gropius e il bauhaus, il costruttivismo russo, l’astrattismo, il suprematismo e tutte le avanguardie.

I princìpi fondamentali del movimento sono stati elaborati in scritti teorici, per esempio, da Bruno Taut che nel suo libro del 1929 riassume i caratteri del Movimento Moderno in questi punti: «la prima esigenza in ogni edificio è il raggiungimento della migliore utilità possibile; i materiali impiegati e il sistema costruttivo devono essere subordinati a questa esigenza primaria. La bellezza consiste nel rapporto diretto tra edificio e scopo, caratteristiche dei materiali ed eleganza del sistema costruttivo. L’estetica di tutto l’edificio è nel suo insieme senza preminenza di facciate o piante o particolare architettonico. Ciò che è funzionale è anche bello. Come le parti vivono nell’unità dei rapporti reciproci, così la casa vive nel rapporto con gli edifici circostanti. La casa è il prodotto di una disposizione collettiva e sociale».

In realtà, dalle immagini di questo post si vede come il sottile — soggettivo, forse — confine tra il funzionale a tutti i costi e la forma pura si destreggia tra la teoria e l’applicazione e la ricerca della purezza in forme controllate da leggi meno vincolate alle geometrie «euclidee» è stata linfa vitale per un periodo probabilmente impossibile da dare per finito, nonostante i postmodernismi siano stati in grado di destabilizzare le certezze e i dogmi che erano stati imposti.?–

Già dalla fine degli anni trenta si iniziano a delineare i filoni organicisti che puntavano ad una ricerca di superamento del funzionalismo purista e dello stereometrismo bauhaussiano, dando più spazio ad una certa tensione strutturale e formale, che porta a ricerche di archetipi anche slegate al geometrismo tipico della prima fase modernista.

Tra gli eventi — molteplici che trattano temi legati al modernismo — segnaliamo la mostra, ultima solo dal punto di vista temporale, tenutasi nel 2006 al Victoria&Albert Museum di Londra,
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Altre fonti
Arne Jacobsen; Louis Kahn; George Nelson; Eero Saarinen; Rudolf Schindler; Adolf Loos; Bruno Taut;
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Illustrazioni
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Parallelo tra Arp «maskenspiel» (1932) e il celeberrimo vaso Savoy di Alvar Aalto (1936)
Hans Arp Maschera bianca e nera (1948) e Max Bill
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Max Bill: il manifesto del 1931 per l’esposizione di «arte negra» messo a confronto con la scultura coeva “well-relief” e con le immagini coordinate di poco successive (1932-33) per il produttore di forniture d’arredamento wohnbedarf e il consorzio di costrutturi Neubühl nelle quali la ricerca del carattere universale (già iniziata col bauhaus, con Herbert Bayer, poi con Kurt Schwitters — il quale sperimenterà l’optofonetica, come lo stesso Bill negli anni 50 —, Jan Tschichold, Paul Renner — che medierà le sue ricerche con la possibilità di utilizzare realmente il carattere e verrà premiato con la durevolezza e la pulizia del suo carattere, il Futura) si manifesta con la creazione di griglie funzionali alla costruzione della «lettera nuova».
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Immagini di Arp e Bill (tra cui l’orologio da muro con timer per Junghans in collaborazione con Ernst Möcke, 1951), tranne realizzazione lignea della lettera “a” del Futura di Paul Renner.
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Copertina del libro “Form, un bilancio sul design di metà secolo”, (1952) e sgabello Stool 60 di Alvar Aalto (1932-33) — edizione Artek.?
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Il padiglione dell’Esprit Nouveau di Le Corbusier, 1925
Questo padiglione, come è noto rappresenta un punto di rottura notevole, come documentato negli scritti di architetti e designer del periodo, che hanno riconosciuto la nuova strada, il nuovo spirito, appunto.
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Parallelo tra le piante di Max Bill per esposizione della produzione svizzera (anni trenta) e la pianta di Notre Dame du Haut di Le Corbusier (1950-55).
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Il Modulor di LeCorbusier e pubblicità di Max Bill per la ditta wohnbedarf.
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Henry Matisse, Composizione su fondo blu (1951) e copertina di Ray Eames di Arts&Architecture (05-1943), quasi un continuum culturale in cui la sintesi di immagini organiche vivono in una ricerca comune, nonostante i fini — apparentemente — inconciliabili.
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Hans Arp, Nadir II (1960) con Le Mots en Liberté Futurists di Marinetti (1919).
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Hans Arp e Walter Cyliax, manifesto per Kunsthaus Zürich (1929), considerato il primo manifesto non figurativo svizzero e prospetto informativo per la radio olandese Künsterfunkstelle di Piet Zwart (1928).
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Manifesto di Max Bill per la Kunsthaus Zürich nel quale sistetizza i valori concretisti che saranno centrali nella sua opera come in quella dell’Allianz e di designer come Richard Paul Lohse, che si manifesteranno, nel design nell’estremo funzionalismo svizzero che si protrarrà tre decadi. A fianco una soluzione plastica di Isamu Noguchi nella scultura Black Mantra, dove lo spettatore entra ed esce «percorrendo» la scultura quasi ad esaltarne l’integrazione e l’organicità.
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Un’altra copertina di Ray Eames per Arts&Architecture (02-1943) ed un esperimento recente sulle forme delle bolle di sapone, via designboom.
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